Sono seduta sulle poltroncine di un aeroporto troppo grande sorto in mezzo a quella che era piena campagna, attendo la chiamata per un altro volo intercontinentale. Solo adesso che ho un attimo per pensare comincio a distendere le tensioni che si accumulano sulle spalle durante mesi di lavoro e routine in nodi che non si sciolgono nemmeno coi più tosti dei massaggi. Sono stati giorni frenetici, specchio della vita che mi sono costruita intorno: sempre di corsa, giorni pieni col tempo che sfugge.
Ammetto di aver comprato il lasciapassare per queste feste, un biglietto speciale che mi facesse arrivare al 2014 senza passare dal via, che mi facesse saltare le domande di rito sul capodanno e le visite obbligate durante i giorni comandati. Non che non ami le feste per partito preso: adoro le tavole imbandite dove ci si stringe per fare posto a nuovi ospiti, mi piace rivedere le facce che fanno subito casa e tutti quei riti che danno un senso di appartenenza, che ci ricordano che qualcuno ci vuole sempre bene nonostante le nostre assenze, nonostante le nostre mancanze.
Sono sul volo che mi porterà per la prima volta in vita mia in un continente sterminato e mistico che mi attrae con la forza della calamita, lo schermo di bordo mi informa che stiamo passando sopra Kabul: chissà se qualcuno a veglia alza gli occhi al cielo e tra le miriadi di stelle vede la nostra scia e si domanda dove stiamo andando.
Accuso l’accumulo di condivisione compulsiva di cui siamo pervasi e ho passato un Natale silente da serbare per me, per noi soltanto. Babbo Natale è riuscito a trovarmi anche se mi sono svegliata in un nuovo letto, anche se per la prima volta in tutti questi anni non ho svegliato mia sorella per scartare insieme i regali sotto quell’albero esageratamente grande e decorato, ogni pallina a ricordare un’epoca, testimonianza discreta di spacchettamenti di cavalli a dondolo, giochi in scatola, un numero spropositato di Barbie, un passeggino per le bambole che desideravo tanto e altre strenne di cui non serbo più memoria.
Mi pare di essere in un limbo tra una stanchezza un po’ malinconica e la bulimia di vita che mi accompagna da sempre. Mi domando se ho qualche dono e come posso sfruttarlo, mi faccio tutte quelle domande che vengono a galla ad ogni nuovo inizio. Scrivo poco perché mi sembra di ripetermi, perché ho delle pretese veramente alte e di discorsi inutili ne leggo in quantità industriale, perché ogni volta che faccio scorrere i polpastrelli sulla tastiera ho paura. Forse è solo bisogno di una pausa, o magari l’incertezza del futuro mette in discussione anche i talenti, o presunti tali.
Adesso sfoglierò qualche pagina della guida, mi assopirò immaginando campi di riso e foreste e architetture che ho visto solo in tv e biciclette e cappelli a cono. Mi sveglierò più leggera, sorriderò per quello che mi aspetta.
[Foto di copertina: Anne Lin su Unsplash]
4 commenti
Sara
Alla fine sei partita.
Eccome se sei partita.
E’ incredibile, ma del mio volo d’andata ho vivo in mente sullo schermo un piccolo aeroplano che supera sulla mappa l’Afghanistan.
Era notte fonda e sotto tutto nero, come se stessimo sorvolando un deserto di oscurità.
Sono certa che questo piccolo punto di contatto tra il mio stupendo viaggio in Vietnam, e il tuo che sta arrivando, sia un ottimo auspicio per i tuoi giorni futuri.
Tutti bramiamo di leggere a fiumi le tue parole. Mi permetto di azzardare che forse io più degli altri.
Ma allo stesso tempo, mia cara, vivi le tue giornate a fondo.
E tieni qualcosa fuori da qui, solo per te, e per chi ti accompagno nello splendido viaggio.
Serena
Sarina alla fine sono partita senza dire nulla come al mio solito! La pompa magna non fa per me 🙂 non sai quanto mi ha fatto piacere leggere il tuo commento che mi ha fatto sentire tutto il tuo amore per il tuo viaggio in Vietnam e questo punto di contatto tra noi è incredibile! Pure la stessa immagine! 🙂 ti abbraccio! Ci leggeremo presto!
La Ste
Buon viaggio Sere, goditi questa terra meravigliosa quanto malinconica!
Serena
Questa Asia mi sta già catturando! Grazie Ste!