Mica ci dovevo andare a Mandawa. Non ne avevo mai sentito parlare mentre organizzavo il giro in India del Nord, non la sapevo collocare su una mappa geografica. Invece, per spezzare il lunghissimo viaggio verso Bikaner e poi verso Jaisalmer al confine col Pakistan, l’agenzia indiana con la quale ho organizzato il viaggio ha inserito questa tappa nell’itinerario. Devo dargli atto che è stata una mossa azzeccata.
Come tutte le volte in cui non ho particolari aspettative, Mandawa ha saputo sorprendermi positivamente con la sua atmosfera decadente e le haveli che raccontano un glorioso passato.

Cresciuta grazie a commercianti che misuravano la propria ricchezza a suon di case decorate – le suddette haveli – e sfarzi, Mandawa si trova lungo la via della seta, avamposto per le lunghe marce che persone, merci e animali facevano per portare stoffe pregiate e oggetti esotici nel Vecchio Continente.

Mandawa è stato il mio primo impatto con l’India, un passaggio soft che mi ha permesso di entrare nella realtà del subcontinente in punta di piedi. Un approccio ideale per le prime fallimentari contrattazioni con i venditori locali, per prendere confidenza con l’aria rovente, con il sudore che gocciola lungo la schiena e la sabbia che s’insinua in ogni dove.

La guida che mi accompagna in giro per la sua città natale è strabica e parla un italiano discreto imparato su Internet. Capirò lungo il corso del viaggio che quasi tutte le guide non hanno fatto studi di storia dell’arte e viaggi in Italia, ma semplicemente amano il nostro paese e ne studiano parole e suoni davanti a un pc e praticando la lingua con i turisti. Quando ti portano in giro, non fanno altro che guidarti per strade che conoscono a menadito, in case di cui conoscono il passato perché probabilmente gliene ha parlato un nonno. Un po’ come se qualche amico venisse a trovarmi a casa ed io lo portassi in giro per la Versilia senza aver ripassato la storia, ma lo mettessi di fronte a un tramonto struggente sulle rovine romane di Massaciuccoli e le immagini valessero più di mille parole.

Mandawa è stata proprio così, come giocare a nascondino ai bordi del deserto. Abbiamo seguito la guida che si muoveva come una lepre tra quelle case che avevano visto giorni migliori, siamo entrati nelle abitazioni senza chiedere permesso e senza mai sentirci di troppo per ammirare degli affreschi scrostati e per abbracciare con gli occhi scenari del tutto inediti. Abbiamo scattato le prime foto titubanti, chiedendoci “sarà tutta così l’India?” intuendo già che quel silenzio che ovattava tutto di concerto con la polvere era solo una vana illusione per il nostro prosieguo.

Nel periodo d’oro di Mandawa i commercianti facevano a gara a chi mandava più soldi alla famiglia, in modo che potessero ostentare la fortuna commerciale con gli affreschi più belli e gli stucchi più pregiati in case che diventavano quasi musei, sicuramente opere d’arte. Di questo mondo non è rimasto che qualche capolavoro ricoperto dalla polvere del tempo, tranne le eccezioni costituite da haveli convertite in hotel, non necessariamente fuori dalla portata delle nostre tasche.

Nelle haveli conservate in modo migliore vivono tutt’oggi eredi di quei ricchi commercianti, che non si scandalizzano se entri a sbirciare senza chiedere permesso e che ti sorridono più forte se compri qualcosa della loro mercanzia esposta tra un affresco e un mobile che hanno visto tempi migliori. Il loro ruolo è quello di conservare al meglio quei luoghi dall’antico fascino, spesso senza le sovvenzioni statali di cui avrebbero bisogno. Ci si accontenta così di una spazzata con le scope di saggina, prima che il deserto posi inesorabilmente la sua polvere su quelle strade, su quelle vite.


Qui trovate tutti i post sull’India:
- Un nuovo viaggio all’orizzonte: India del Nord arrivo!
- Come organizzare un viaggio in India del Nord
- Dieci cose dell’India che non dimenticherò mai
- Varanasi: la vita che scorre lungo il Gange
- Come richiedere e ottenere il visto per l’India (ovvero di quando scrivevo romanzi gialli)
- Strade indiane: ho visto cose che voi umani…
- Jaisalmer, il castello di sabbia nel deserto indiano
- Taj Mahal: l’amore eterno celebrato ad Agra
- Pushkar, dove Brahma e i fricchettoni convivono in India
- Nel deserto del Thar a dorso di cammello
- Libri che parlano d’India
- Il tempio Karni Mata in India (non aprire questo post se hai paura dei topi!)
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Ho scritto un libro su questo viaggio. Si intitola “Indimenticabile India. Racconti di viaggio in India del Nord tra il Rajasthan, Agra e Varanasi” ed è disponibile sia in formato cartaceo sia elettronico. Se ti interessa lo trovi qui. GRAZIE!
2 commenti
Manuela
Mi nutro delle tue parole.
I luoghi inaspettati, quelli che bramiamo meno – o magari non immaginiamo neppure – sono sempre magici.
E segno Mandawa.. che può sempre tornare utile 😉
Mercoledì
Ciao Manuela,
che dire… grazie!
In effetti mi sorprendo sempre di più di fronte a qualcosa di inaspettato… devo smetterla di fare piani tanto dettagliati! Segna segna 😉