Provo ad abbozzare quello che ho in mente da qualche giorno mentre la piccola di casa dorme il sonno dei giusti adagiata sul grande divano del salotto. So che devo scrivere in fretta, senza ragionare troppo sulla forma: le dormite dei bambini sono imponderabili, devo sfruttare ogni secondo al massimo cercando di ignorare il caos che regna sovrano in ogni stanza.
Negli ultimi mesi ho un po’ di pensieri ricorrenti che hanno a che fare con le bimbe, con il lavoro e con questo blog. I pensieri s’intrecciano e si annodano senza mai districarsi del tutto, forse perché dacché ho memoria l’unico modo che ho di dipanare la matassa è scrivere, ma tempo per questo ne ho sempre meno.
Da quando è nata la mia secondogenita, il tempo a disposizione si è ridotto drasticamente. Me lo dicevano in tanti, ma finché non lo vivi sulla tua pelle non lo sai: il passaggio da una a due figlie è una somma che dà come risultato il caos (o, come dice una mamma che conosco, 1+1 non fa 2 ma 11). Se a questo ci aggiungiamo che, da libera professionista con partita iva, il lavoro effettivo si è fermato ben poco (ho lavorato fino a due giorni prima del parto, ho ripreso dopo un mese e mezzo mettendoci circa una settimana a finire un post di lavoro) ecco spiegata la mia assenza da qui.
Avevo messo in conto un aumento dell’impegno come genitore, è ovvio, ma non credevo che mi travolgesse in maniera così totalizzante e probabilmente se avessi imparato a darmi tempo o semplicemente a prendere le cose con più leggerezza non starei qui a scrivere queste righe, aspetterei semplicemente di far passare la bufera e vi direi a cuor leggero di tornarmi a leggere tra qualche mese.
Invece no, mi sento costantemente in colpa per aver momentaneamente abbandonato il blog e i social e sono entrata in quello che io chiamo il circolo vizioso dell’aumento della qualità: più aspetto a pubblicare, più quello che scrivo deve essere interessante perché devo sopperire all’assenza con l’aumento della rilevanza. Che vita complessa, quella di si fa mille s***e mentali!
Del resto ha anche senso farmi delle domande: il blog e i social sono una parte consistente del mio lavoro e della mia vita negli ultimi undici anni. In pratica un terzo della mia vita l’ho passato qui e sarebbe strano non cercare risposte al riguardo.
Qualche giorno fa, mentre ero in macchina per andare a prendere Anita all’asilo nido, ho avuto una specie d’illuminazione (capirai!), che potrebbe spiegare il nodo che sento all’altezza dello stomaco in questo periodo: scrivo per dare forma ai pensieri, io stessa trovo un’identità nella scrittura e stare lontana dalla pagina bianca è come non affermare il mio io più profondo, annullarmi come persona per essere altro di più contingente, madre, tassista, donna delle pulizie.
C’è dell’altro però, perché sento che attribuire tutta la colpa della mia assenza alla mancanza di tempo sarebbe come nascondersi dietro un dito. Ho passato gli ultimi mesi con questa cantilena in testa: “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”. In periodi di passaggio e di rivoluzione è facile smarrire la strada o comunque è lecito sentire il bisogno di cambiare direzione o dare una sterzata che ti scompigli ancora un po’ i capelli. Inoltre, quando mi concentro tanto su qualcosa – in questo caso a crescere due bambine – mi sembra che le altre qualità si dissolvano, si sgonfino per lasciare spazio al resto. Ecco allora che mi viene il dubbio di non saper più scrivere, mi sento arrugginita proprio su quella che dovrebbe essere una delle mie poche certezze.
Con l’arrivo di Petra ho vissuto di nuovo una rivoluzione che mi ha fatto provare di nuovo tutta una serie di sensazioni già vissute con la nascita di Anita: i social da luogo di lavoro e svago sono diventati qualcosa da cui rifuggire, uno specchio di un mondo in cui non mi sento più a mio agio a sguazzare. La nascita di una figlia regala occhi nuovi e quella giusta distanza per osservarsi da lontano, per concentrare gli sforzi su cose importanti, per cambiare prospettiva.
Allora eccomi qui a chiedermi se ho voglia di confrontarmi con nuovi approcci al racconto (tutti i vari vlogger, youtuber, ecc), se può avere senso quello che faccio anche se non ho un profilo Instagram con foto di sorrisi a quarantacinque denti, occhi negli occhi col mio amato. Mi chiedo se ho voglia di continuare anche se viaggerò meno di prima e racconterò prevalentemente di ricordi e di quotidianità, anche se le agenzie non mi chiameranno più perché vorrebbe dire invitare quattro persone, perché io al momento non voglio viaggiare in altro modo che non sia in famiglia.
Mi chiedo in continuazione se si capisce da fuori il valore di quello che passa da qui. Per esempio, tutte le guide con cui ho collaborato (penso a Marta a Berlino, a Nora a Budapest) dicono che ho portato loro tanti turisti, mi ringraziano ancora a distanza di anni perché quel post che ho scritto è stato letto da tante persone che si fidano di me. O ancora, la ragazza della casa particular in cui sono stata all’Avana ha detto che il vero giro di turisti è cominciato dopo il mio post in cui parlavo del suo alloggio, ancora ci sentiamo e non manca mai di ringraziarmi. Il mio amico e guida della Giordania Fuad ha detto che in alcuni mesi la metà del lavoro gli è arrivato da un mio post in cui lo cito e lo consiglio. Queste per me sono soddisfazioni grandissime, che vanno al di là dei numeri. Una persona che mi legge, si fida e prenota la stessa vacanza che ho fatto, non vale di più di un influencer dai numeri gonfiati? Per me non c’è cosa più frustrante dell’incapacità di comunicare valore e questo mi stanca tantissimo di questo mondo.
Insomma, io voglio bene a questo blog e so che dall’altra parte dello schermo siete in tanti: non abbastanza per molte agenzie che vogliono numeri tronfi di K, ma abbastanza per me. Se penso a quante persone ho conosciuto grazie al blog, quanti sono diventati amici veri o conoscenti con cui passare piacevolmente del tempo allora il “ne vale la pena” è lampante dal sorriso che mi si stampa in volto. Il conto delle persone che mi hanno detto “grazie a un tuo post mi sono convinta che viaggiare con i figli è possibile” l’ho perso da tempo, ma serbo la gioia nel cuore per ogni singolo messaggio. Anche l’ultimo post che ho fatto sulla pagina Facebook del blog ne è la prova: sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla risposta e dall’affetto.
Quindi sì, ne vale sempre la pena per me, anche se alcune dinamiche mi stancano, anche se cerco di evitare una presenza forzata o annoiata perché so che chi mi segue avverte tutto questo, sa quando un post è fatto tanto per fare.
Sentivo di dovervi delle spiegazioni ma ho l’impressione che questo post sia lo specchio della mia anima: un groviglio di pensieri che faccio fatica a districare. Tornerò a scrivere, questo è certo, e a dettare i tempi non sarà un calendario editoriale ma la voglia e il tempo che avrò a disposizione con questo nuovo assetto familiare.
Ben vengano le rivoluzioni, se servono a farci capire qual è la nostra strada per essere felici.
P.s. quella bambina che dormiva all’inizio del post non solo si è svegliata, ma da quanto ho iniziato a quando ho finito si è ammalata, è guarita, ha pianto, ha riso, ha compiuto quattro mesi e si è riaddormentata giusto in tempo per farmi premere il tasto “pubblica”. Per il caos intorno, invece, temo non ci sia rimedio.
2 commenti
Sandra
Carissima Serena,
per quanto possa valere il mio parere, io vengo sempre qui a cercare se ci sia un nuovo post e quando organizzo un viaggio, controllo se magari ci sei stata pure tu per avere qualche dritta ulteriore. Per non parlare dell’ultimo post sul rimborso voli che – speriamo di no – potrebbe tornarmi molto utile.
A parte il discorso figlie che portano via tempo 😀 è un po’ quello che penso coi miei libri, ha senso continuare a scrivere se le alte sfere non sono interessate a pubblicarmi? Ma alla fine basta un solo lettore e be’ sono un po’ di più, che mi fa sapere di essersi immedesimato/emozionato tra le mie pagine per rispondermi di sì.
Io ti apprezzo tanto, proprio per non esserti piegata a un sistema allo sbando, di blog di viaggi tutti uguali (come di libri) è pieno il web. Ma come dico dei libri che non pasta copiaincollare una quarta con due frasette per creare un bel post (e mi dicono che gli editori apprezzino addirittura di più una foto su Instagram col libro e buonanotte con buona pace dei miei articoli articolati )così dico a te che non basta elencare i luoghi di interesse di una città per scrivere un bel post di viaggio. Certo così facendo ricevo pochi inviti a conferenze stampa e libri omaggio. In definitiva dopo questo pippone ti lascio una parola per me importante e scommetto anche per te: autenticità.
Un caro abbraccio e auguri per queste feste, so che andrete a Vienna, Enjoy!
Mercoledì
Ciao Sandra,
mi ha fatto tantissimo piacere il tuo commento, me li leggo come se sentissi la tua voce piena e armonica come quella volta a Firenze all’incontro famoso in cui ci siamo viste.
Ti ringrazio per il supporto, per la fiducia e per la parola chiave che sì, è anche mia.
Buona Pasqua e buon tutto anche a te, nuovo libro compreso!