Il 20 aprile alle 14.20 nasceva Anita, la mia primogenita. Alle 14.21 avevo già chiesto scusa a tutte le mamme del mondo per averle giudicate per un qualsiasi atteggiamento nei confronti dei propri figli. La verità è che non sapevo, semplicemente non avevo capito l’entità di questo gesto d’amore: tutte le mamme sono delle eroine. Non sapevo che quando dicevate che non avevate il tempo per una doccia non stavate esagerando ma era proprio così, non capivo quell’enfasi sull’allattamento, non sapevo veramente cosa significasse non dormire in maniera continuativa, molte decisioni mi sembravano folli. Scusate.
Come tutte le cose della vita, dare alla luce un figlio non è programmabile nei dettagli, infatti è stato tutto diverso da come l’avevo immaginato. Oddio, in effetti qualcosa l’avevo previsto: che mi sarei innamorata follemente di mia figlia nell’istante stesso in cui avrei sentito per la prima volta il suo odore. Mi scendono ancora le lacrime dagli occhi se ripenso a quel momento.
Dopo due settimane stento ancora a credere di essere mamma perché sono abituata ad essere innanzitutto figlia: credo ci vorrà ancora del tempo per capire quanto di più grande questa parola racchiuda. Nelle lunghe ore di veglia con uno scricciolo in braccio che per ora emette suoni più simili a un delfino che a un homo sapiens però, ho raccolto un po’ di pensieri su quello che ho capito finora e mi è venuto voglia di scriverlo per non perderne traccia, per confrontarmi con altre esperienze e per smentire subito una delle inutili promesse fatte a me stessa prima dell’arrivo della piccola: questo non sarà mai un blog in cui si parla di bambini.
Ecco una lista di 5 cose che ho capito in queste prime due settimane da mamma con molta ironia (ci sarà tempo per i love post, promesso).
1. La coerenza, questa sconosciuta
Parlando con la mia compagna di stanza in ospedale condannavamo la pubblicazione di foto di bambini su Internet e sui social, appellandoci al loro sacrosanto diritto di decidere da grandi in autonomia se uscire allo scoperto o rimanere riservati. Dopo due ore ho pubblicato su Facebook una mia foto mentre allattavo per la prima volta mia figlia e in cui annunciavo che era nata (a mia discolpa devo dire che la bimba è di spalle e non si vede il volto). Nei giorni successivi ho resistito e non ho più pubblicato altro perché di questo per ora sono convinta ma mai dire mai. Questo è solo un esempio ma ho capito ben presto che nessun integralismo è sano nell’essere mamma, molto meglio valutare situazione per situazione. Quindi tutti quei veti autoimposti sono andati a farsi benedire in un secondo, con buona pace del “niente ciuccio”, “guai a dormire nel lettone” e “non è che ogni volta che piange posso prenderla in braccio”. Ceeeeerto, come no.
2. L’incontro con alcuni strumenti del demonio di cui non avevi mai sentito parlare
Alzi la mano chi, pur non essendo genitore, ha sentito parlare di paracapezzoli, tiralatte, coppette assorbilatte, sondine, ecc. Questi strumenti del demonio diventano nell’arco di poche ore più importanti dell’anello per Frodo. Se ti trovi sprovvista di un oggetto che ti serve scatta il codice rosso: sicuramente è più lontano di quanto tu possa raggiungere sporgendoti in contorsionismi con la bimba in braccio. E poi un capitolo a parte è dedicato alle coliche. Quante volte nella vita avrete pronunciato la parola coliche? 10? 20 se ne soffrite? Adesso la colica ha un’incidenza nelle conversazioni pari al 50% dei discorsi.
3. Le domande inopportune anche dette a bischero
Finché non ho partorito non ho capito quanto stupide fossero le domande “Come è andato il parto?” o ancora “Cesareo o parto naturale?”. Il parto è una cosa molto intima, molto intensa, un’esperienza che cambia una donna in modo indelebile. Chiedereste mai a un vostro conoscente se preferisce un tipo di orgasmo a un altro o se preferisce stare sopra o sotto? Credo di no (non valgono i discorsi con la vostra migliore amica), allora risparmiatevi anche le domande su una cosa ancora più intima del sesso. E mettetevi l’animo in pace: per quanto bene possa essere andata la sofferenza e il dolore sono sempre contemplati. Direttamente collegato a questo discorso c’è un altro fatto: che farsi raccontare il parto è una pratica del tutto inutile dato che non ce n’è uno come un altro e sapere troppe cose aiuta solo a terrorizzare il prossimo. Un capitolo a parte per un’altra domanda a bischero: “Ma la tua bimba dorme?”. Risposta: “Ha due settimane, deve fare tre cose: mangiare, fare i suoi bisogni e dormire. Se non dorme abbiamo un grosso problema”.
4. Questa storia dell’allattamento cui non avevo mai prestato la giusta attenzione
Quando ero incinta ero troppo concentrata sul partorire e mi dicevo che alle cose che venivano dopo ci avrei pensato poi. Ore e ore di corso preparto e adesso non ricordo un accidente su come si fa un bagnetto a un neonato ma soprattutto quanto è centrale nella vita di una neomamma l’allattamento. Quando leggevo di donne che parlavano pubblicamente delle poppate o che si scoprivano il seno in pubblico per allattare mi sembrava tutto così strano: solo adesso capisco quanto invece tutto ruoti intorno a un gesto che racchiude un grande amore (e diciamolo, un grande sacrificio e alcuni grattacapi per la neo mamma). La sensazione perenne è quella di sentirsi una mucca o in alternativa una tetta con le gambe. E sempre sporca per giunta. Poi passa vero?
5. La stanchezza ripagata da un faccino da stropicciare
Se vabbé… datemi un letto SUBITO!
Per la foto di copertina ringrazio Erica che me l’ha mandata da Resceto (MS).
4 commenti
valentina
Anche tua figlia Anita potrà frugare in questi cassetti delle memorie *-*
Mercoledì
Speriamo le faccia piacere!
Ilenia
Sono passati 2 anni e mezzo dalla nascita del mio piccolo e leggere le tue parole mi ha investita di ricordi…poppate, tiralatte, coliche, momenti difficili da gestire che poi passano e si depositano in qualche angolo nascosto della memoria. Ma sai che cosa ti invidio in tutto questo? Che puoi ancora annusare il suo odore da bebè. Cose da mamma.
Benvenuta Anita! ❤️
Mercoledì
Spero che scrivere di questi momenti mi aiuti un giorno a riaprire quei cassetti di cui parli, perché ho paura di perdere le chiavi. In un cassetto speciale custodirò quel profumo tanto speciale di cui adesso mi ubriaco. Grazie Ilenia.