Sono nata in un posto in cui, uscendo dall’autostrada che ha sfregiato le nostre colline negli anni 70, ci si imbatte in un cartello ormai sbiadito dal tempo che dice “Massarosa: il lago, gli olivi, la storia”. Crescendo in questo mare verde che si trasforma in argento alla prima ventata che scuote le chiome, ho sempre avuto un gran rispetto per queste piante dal tronco contorto. Mi sembravano piante sagge, con una storia da raccontare.
Ho sempre avuto anche due piante di olivo nel giardino di casa: crescevano con me, coi battiti all’unisono, perché venni alla luce dopo il famoso inverno che gelò la quasi totalità degli olivi toscani a causa dell’eccezionale ondata di freddo. Quegli olivi potevano trasformarsi facilmente in una casa mettendoci un paio di coperte intorno e mi offrivano un comodo appoggio per i due tiranti dell’amaca nelle afosi estate di campagna. Erano anche un perfetto punto di esplorazione del giardino e quando mi arrampicavo sulla cima di quei rami nodosi scatenavo le ire di mia nonna, che aveva sempre paura che cadessi e mi rompessi qualcosa.
La raccolta delle olive scandiva gli autunni della mia infanzia anche se durava per un solo pomeriggio all’anno a causa del numero veramente risicato di piante. Ricordo mio nonno che stendeva i teli arancioni e si raccomandava di stare alla larga dagli alberi almeno in quei giorni per non rovinare il piccolo raccolto. Lo ricordo con una lunga canna in mano per scuotere le fronde più alte e una volta finito mia nonna raccoglieva da terra quelle che non erano finite nel telo, ché lo spreco è sempre stata proprio una cosa immorale nella mia famiglia.
Tutti questi momenti li vivevo osservandoli coi miei occhi, sporcandomi le mani come viene naturale a una bambina di campagna. Diverso, invece, era quello che avveniva dopo la raccolta: mio nonno portava le olive in un frantoio a pochi chilometri da casa, tornava raccontando di come le nostre olive sarebbero state frante con quelle di altre persone e nelle sue parole coglievo un misto di orgoglio e nostalgia per i tempi in cui non doveva affidarsi a degli sconosciuti per questa fase delicata della produzione dell’oro liquido.
Ne è passato di tempo, ma finalmente quest’anno ho potuto capire meglio com’è che quelle cassette di olive si trasformavano in un liquido prezioso che, appena portato a casa, veniva chiamato “olio nuovo” ed era motivo di un pranzo in famiglia per celebrare il suo arrivo.

Olio nuovo
Il procedimento che trasforma le olive appena raccolte in olio richiede profonde conoscenze e molta professionalità. Credo che prima di affinare questa trasformazione ci siano voluti anni di esperienza tramandata, di segreti passati di bocca in bocca prima di diventare linee guida per produrre un olio speciale. Le olive che arrivano in frantoio vengono private delle foglie, sono lavate e passano nella gramola, dove si ottiene una pasta di polpa, nocciolo, acqua e olio. Queste fasi sono fondamentali per la riuscita: l’olio buono e di qualità comincia da una buona frangitura.
Anche la conservazione è fondamentale perché l’olio non solo sia buono, ma conservi anche tutte le proprietà. L’immagine dell’olio conservato in cantina negli orci di terracotta è fuorviante: oggi sappiamo che va tenuto nell’acciaio o nel vetro, sempre al riparo da luce e calore. Inoltre, nei frantoi l’olio è anche filtrato perché la torbidezza non è sinonimo di qualità. Ho sfatato tanti miti e credo che metterò molta più attenzione d’ora in poi nella scelta dell’olio che metto in tavola.

Castello di Poppiano
Quando a fare da contorno al mondo delle olive c’è professionalità e accoglienza è davvero un piacere andare alla scoperta di questi saperi sempre più distanti dalle nostre vite cittadine chiusi in case e uffici lontani dalla campagna. È così che mi sento di consigliarvi una visita alla Tenuta Cantagallo di Limite e Capraia non solo per il frantoio, ma anche per l’azienda agricola e per l’ottimo ristorante Osteria Cantagallo (provate le verdure sottolio!).

Olio Laudemio
A pochi chilometri di distanza, a Montespertoli (FI) nel castello di Poppiano si trova un’altra azienda agricola che – come la Tenuta Cantagallo – fa parte del consorzio Laudemio. Si tratta dell’azienda del Conte Ferdinando Guicciardini, dove si ottiene un olio pregiato fatto selezionando le migliori olive delle tenute.
Ascoltare i racconti di persone che hanno speso un’intera vita in questo mondo mi ha fatto capire quanto sia importante tramandare queste conoscenze e una cultura dell’olio buono dal sapore indimenticabile. Il problema è che una volta assaggiato questo olio non si torna più indietro!
8 Comments
mmm…buono l’olio nuovo e il Laudemio!!! ne vorrei a litri!!!
Posso provare a proporre una fornitura a vita 🙂
Wow, che colore quest’olio Laudemio!
Grazie, non lo conoscevo, vado a guardarmi il sito! 🙂
E dovresti sentire il sapore! 🙂
Grazie a te per essere passata di qua!
Buonissimo l’olio extra vergine d’oliva. Da noi, stiamo abbastanza vicine, ci sono tanti uliveti. Il mio fidanzato, oltre al lavoro, fa l’olio e anche il miele.
Elena
http://scorzadilimoneblog.wordpress.com
Ciao Elena, grazie per il tuo commento!
Anche il miele è un’altro ottimo prodotto delle nostre zone!
Sei fortunata a poter usufruire di questi buoni prodotti.
Ciao! che meraviglia tutto quest’olio. se nei tuoi viaggi trovi qualcosa di interessante, mi puoi aiutare con la mia collezione? eccola: http://robeperterra.blogspot.it
ciao !! <3
Ben volentieri Violetta!
Ciao!