Lisbona in 6 giorni: seconda tappa Chiado, Santa Catarina, São Bento e Príncipe Real

Pubblicato il 3 Marzo 2014

Scritto da Serena Puosi

Categorie: Portogallo

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Amo così tanto Lisbona che vorrei che ognuno ci passasse un sacco di giorni, ma mi rendo conto che non tutti hanno 6 mesi a disposizione (che è il tempo che ci ho vissuto io) ed ecco allora che ho pensato a pubblicare un diario di  6 giorni a Lisbona vedendo TUTTO! Non l’ho scritto io stavolta, mi sono avvalsa dell’aiuto di Marco, un mio amico giornalista con cui ho condiviso l’esperienza Erasmus. Ho già pubblicato la prima puntata di questo itinerario, la trovi qui: Lisbona in 6 giorni: prima tappa Graça, Castelo e Alfama.

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Bairro Alto e Chado

Oggi si va al Bairro. Parola che di per sé vorrebbe dire semplicemente “quartiere” ma a Lisbona, se dici Bairro, intendi il Bairro Alto: un tempo il quartiere degli intellettuali e dei giornalisti – perché qui avevano sede le redazioni dei principali quotidiani del paese, di cui è rimasta traccia nei nomi delle strade –, oggi soprattutto teatro della vita notturna, in particolare di quella Erasmus. E siccome è proprio nelle ore dopo il tramonto che il Bairro dà il meglio di sé, prendiamo il giro largo andando prima alla scoperta degli altri quartieri della collina, che è quella dirimpetto ai miradouros di Graça e Senhora do Monte da cui ieri avevamo dato la nostra prima occhiata su Lisbona.

Dandoci ancora una volta come punto di partenza la Baixa, saliamo dalla Praça do Rossio lungo Rua do Carmo e Rua Garrett. Ci troviamo adesso nel salotto buono di Lisbona, lo Chiado, che deve il suo nome al poeta satirico António Ribeiro, detto appunto Chiado, e che qui visse nel XVI secolo. Anche se c’è chi dice sia vero il contrario, e cioè che è l’appellativo del poeta a derivare dal quartiere. Insomma, la solita storia dell’uovo e della gallina. Sia come sia, è certo che la statua che domina l’omonimo Largo do Chiado è dedicata a lui.

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Chiado

Café da Brasileira

Zona di poeti, questa: siamo infatti nella stessa piazzetta che ospita il celeberrimo Café da Brasileira, altrimenti conosciuto come “Il bar sulla copertina di Sosteniamo Pereira”. E soprattutto, il caffè al cui déhors siede nientemeno che lui, Fernando Pessoa, uno dei massimi poeti del novecento, che ha legato indissolubilmente il suo nome a Lisbona e che proprio alla Brasileira era solito ritrovarsi con gli altri intellettuali del suo tempo. A quanto pare, infatti, la rivista letteraria Orfpheu sarebbe nata proprio dalle conversazioni fatte intorno a questi tavoli. E oggi il vecchio Fernando – o Ricardo Reis, Álvaro de Campos, Alberto Caeiro e Bernardo Soares, giusto per citare i più celebri eteronimi con i quali questo figlio di diplomatico cresciuto in Sudafrica ma sempre vissuto a Lisbona, ha firmato parte della sua sconfinata produzione – è ancora là, immortalato dallo scultore Lagoa Henriques in una statua in bronzo che lo raffigura comodamente seduto al tavolino, le gambe accavallate, in attesa del caffè. Ecco, magari farebbe volentieri a meno di tutti quei turisti rompiscatole in posa per l’immancabile foto ricordo, ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. Anch’io ci sono caduto, anzi, gli ho pure messo attorno al collo una sciarpa del Genoa.

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Marco e il suo amico Pessoa al Café da Brasileira

Caffè a Lisbona

Ad ogni modo, torniamo a noi. La Brasileira è uno dei caffè più eleganti e conosciuti di Lisbona, e la vera chicca è il piccolo chiosco di giornali all’interno: cosa c’è di meglio, infatti, dell’accoppiata caffè e giornale al mattino? Ecco, magari l’aggiunta di un dolcetto, e anche di questi la pasticceria del bar non fa difetto. Ad essere sinceri, però, al di là dell’effetto d’insieme dato dal fare colazione in un posto del genere, la qualità di caffè e pasticcini non è all’altezza di quella di molti altri locali di Lisbona, e a volerla dire proprio tutta nemmeno i camerieri brillano per simpatia, ecco. Giusto per stare in zona, consiglio piuttosto il Café Nicola nella Praça do Rossio da cui siamo partiti, a sua volta un locale storico della capitale, ed il ben meno pretenzioso Café da Emenda di Rua do Loreto, bar di per sé dei più normali, ma i cui pastéis vincono alla distanza il confronto diretto.

Anche di questo, però, e cioè dei pastéis e in particolare dei pastéis de nata, vi parlerò in un’altra occasione. Già che siamo in tema, però, ecco un’utile informazione di servizio: in Portogallo il caffè è buono – d’altra parte, sono stati i portoghesi ad importarne per primi i chicchi dal Brasile – ma per esser certi che vi venga servito un vero espresso chiedete sempre una bica o, per andare ancora più sul sicuro, un’italiana. La “bica” sarebbe il nome della tazzina, ma poi diventa, per estensione, quello della bevanda contenuta. Quanto all’italiana, il nome dice tutto. Poi potete anche chiedere semplicemente un café, ma sappiate che anche in Portogallo sta prendendo pericolosamente piede la nefasta moda del Nespresso, basta pensare al negozio che già da diversi anni ha aperto in fondo a Rua Garrett. E no, non ci ho mai visto dentro George Clooney. Anche perché semmai, nella stessa via, pochi metri più su c’è l’antica torrefazione Casa Pereira, dove potete trovare pure le più celebri marche di moca italiane. E quindi, perché mai andare da Nespresso?

Largo Luís de Camões

Ma non era di caffè, bensì di poeti, che vi stavo parlando. Dopo lo Chiado e dopo Pessoa, è la volta di Luis de Camões, il Dante portoghese. Considerato infatti il vate della letteratura nazionale – tanto che, non a caso, l’espressione “lingua di Camões” è spesso utilizzata come sinonimo di idioma portoghese – è l’autore de Os Lusíadas, “I Lusiadi”, il poema epico nazionale che celebra l’epopea delle grandi traversate oceaniche compiute da questo popolo di navigatori tra la fine del Quattrocento e il Cinquecento. In particolare, qui si narrano le gesta di Vasco da Gama e del suo viaggio intorno all’Africa con cui aprì la prima via per le Indie, quelle vere. Si dice che lo stesso Camões fosse un lontano parente di Vasco da Gama, e che come lui viaggiò alla volta delle Indie, circa una cinquantina d’anni più tardi dell’illustre antenato. Personaggio dalla biografia a dir poco movimentata, si narra anche che, dopo aver fatto naufragio sul Mekong, Camões perse tutti i suoi averi, riuscendo però a salvare dalla furia delle acque il manoscritto dei Lusíadas. Sarà, ma a me questa, più che di epica portoghese, sa più di americanata hollywoodiana.

Ma perché vi sto facendo una capa tanta su Camões e sulla sua opera più celebre? Perché proprio di fronte allo Chiado, attraversando la strada, si apre il Largo Luís de Camões, tradizionale punto d’incontro serale dei giovani portoghesi diretti al Bairro Alto. Ma anche perché, giusto qualche centinaio di metri più avanti, si spalanca lo spettacolare miradouro di Santa Catarina, che offre in assoluto la migliore vista sul Tejo. Che c’entra con Camões? C’entra, perché questo belvedere è noto a tutti con il nome di Adamastor, dalla grande statua che domina il miradouro e raffigura il tremendo gigante con cui Camões ha inteso rappresentare il Capo delle Tormente, diventato poi Capo di Buona Speranza proprio a ricordo dell’impresa compiuta da Vasco da Gama, e al centro dei Lusíadas.

Praça de Camões [Foto di Agu V.]
Praça de Camões [Foto di Agu V.]

Adamastor

E se in Largo Camões convergono soprattutto gli studenti portoghesi, intorno all’Adamastor gravitano decine e decine di giovani di ogni nazione – molti Erasmus, certo, ma anche tantissimi ragazzi originari delle colonie, da Capo Verde al Mozambico, passando per Angola e São Tomé – che ogni sera, all’ora del tramonto, si spaparanzano ai piedi del gigante. Un melting pot che il drastico restauro portato a termine l’estate scorsa dalla Câmara Municipal, fortunatamente, non ha disperso. Siccome poi, in Portogallo, l’abitudine dell’aperitivo non è affatto diffusa come in Italia, anziché andare in uno dei bar fighetti che recentemente hanno aperto nella sottostante Cais do Sodré, vi consiglio caldamente di farvelo da voi, facendo spesa al vicino Minipreço di Largo do Calhariz o direttamente al Minimercado lungo Rua Marechal Saldanha – la via che porta al miradouro – dove con le bottiglie di vinho e cerveça vi regaleranno anche capienti bicchieroni di plastica. Pistacchi, patatine e birra guardando il sole tramontare sul Tejo, con il ponte XXV de Abril e il Cristo Redentor proprio di fronte a voi e un gruppetto di ragazzi accanto che suona la chitarra, e magari vi offre anche un tiro: davvero niente male!

Dell’Adamastor vi ho parlato adesso perché calzava a pennello con i Lusíadas, ma proprio per il fascino che lo contraddistingue all’ora del tramonto, nonché per la sua vicinanza al Bairro, vi consiglio di passarci più tardi, a conclusione del nostro itinerario. Per adesso, lo lasciamo aggiungendo solo che lo scrittore premio Nobel José Saramago in uno dei suoi romanzi più belli, L’anno della morte di Ricardo Reis, proprio qui a Santa Catarina fa soggiornare il dottor Reis appena sbarcato dal Brasile e che, se ben ricordate, altri non è che uno degli eteronimi adottati da Pessoa nel corso della sua vita. E sempre a Santa Catarina, nello splendido palazzo nobiliare che vi si affaccia, il regista Bille August ambienta la casa-studio di un altro medico letterario, Amadeu de Prado, l’enigmatico personaggio attorno a cui ruota l’intera vicenda di Treno di Notte per Lisbona.

Miradouro de Santa Catarina anche detto Adamastor [Foto di L. Lemos]
Miradouro de Santa Catarina anche detto Adamastor [Foto di L. Lemos]

La Bica

Bene, lasciamo – per ora – l’Adamastor e risaliamo Rua Marechal Saldanha per tornare al Largo do Calhariz. Prendiamo la prima parallela a destra, e prepariamoci a sguainare la nostra macchina fotografica: abbiamo davanti a noi la Bica de Duarte Belo o, più semplicemente, la Bica. Vale a dire, quella ripidissima strada acciottolata su cui si arrampica un vecchio elevador che è, insieme al largo di Portas do Sol ammirato ieri, la più iconica delle immagini di Lisbona. Anche qui torneremo questa notte, addirittura dopo essere stati al Bairro, perché è proprio alla Bica che la movida si è concentrata negli ultimissimi anni, soprattutto quella dei lisboeti. Ma non potevamo non vederla anche di giorno, con lo spettacolo del Tejo che si staglia sullo sfondo, facendo da cielo ai tetti delle case più in basso.

La Bica e il Tejo sullo sfondo [foto di Tommaso Marchetti]
La Bica e il Tejo sullo sfondo [foto di Tommaso Marchetti]

Calçada do Combro e Rua de São Bento

Noi adesso, prendiamo un’altra discesa solo un po’ meno ripida, la Calçada do Combro, e scendiamo fino all’imponente edificio neoclassico dove ha sede l’Assembleia da Républica, il parlamento portoghese. Quindi facciamo una piccola deviazione in direzione del Tejo, alla ricerca della Farmácia Açoriana di Largo Conde Barão. Una sosta in una farmacia? Ebbene sì, perché a quanto pare questa non è come tutte le altre: qui, infatti, potrebbe capitarvi di assistere ad un concerto per pianoforte! Io, però, confesso di non esserci mai stato, e quindi non so darvi maggiori dettagli, né con quanta frequenza sia possibile assistere a questo piccolo miracolo.

Adesso non ci resta che risalire lungo la coloratissima Rua de São Bento fino all’altezza della Fundação Amália Rodrigues, la celeberrima cantante che ha fatto conoscere il fado al mondo, e che per decenni è stata il personaggio portoghese più famoso sulla faccia della terra. Poi sono arrivati Mourinho e Cristiano Ronaldo ma ancora oggi, a quindici anni dalla sua morte, Amália costituisce una figura centrale nell’immaginario collettivo della nazione, in particolare per i tanti che vivono in Francia, Svizzera, Sudafrica e Nordamerica, giusto per citare le destinazioni più battute dall’emigrazione portoghese al di là, naturalmente, delle ex colonie dell’Impero.

Amália Rodrigues [Foto di Chiara]
Amália Rodrigues [Foto di Chiara]

São Bento

Bene, arrivati all’altezza della casa che ospita la fondazione dedicata a questa celeberrima cantante, non vale più la pena proseguire per Rua São Bento, perché i bei palazzi della parte bassa lasciano il posto ad anonimi casermoni grigi: meglio dunque attraversare la strada e risalire la collina attraverso un reticolo di viuzze strette e ripide che ricordano tanto quelle di Alfama, e che pure sono così diverse. La ricordano per i panni stesi ai piani bassi e per l’atmosfera di cordialità paesana che vi si respira. Le sono diverse per l’architettura delle case – qui coloratissime e ordinate, là tutte bianche e sparpagliate – e delle strade, quasi tutte parallele anziché arzigogolate come nel quartiere arabo.

Ma la maggiore linearità delle strade non vi consoli, e soprattutto non vi illuda: arrivare in cima non sarà semplice, specie se la giornata è calda e soleggiata. Credo, però, che ne sarà valsa la pena, anche perché a differenza di Alfama, della Baixa e del Bairro Alto, quello di São Bento è un quartiere che il turismo mainstream non ha ancora raggiunto. E che, anzi, ho l’impressione non conoscano poi così bene nemmeno gli stessi lisboeti. Non ci sono infatti le boutique griffate del Bairro, né i ristoranti di Alfama. Ma non ci sono neanche uffici o grandi negozi, solo qualche bar-latteria buono per rinfrescarsi con un Sumol al volo e poi riprendere l’ascesa.

Príncipe Real

Ascesa che si conclude a Príncipe Real, lo splendido giardino posizionato in cima alla collina, all’incontro dell’elegante Rua da Escola Politécnica con Rua Dom Pedro V. Príncipe Real è uno degli angoli più rilassanti di questa parte di città, l’ideale per un caffè nel primo pomeriggio, da accompagnare magari ad una fetta dell’ottima tarte de limão servita al bar del gazebo. Al centro, poi, troneggia un cedro centenario dall’ombrello di oltre venti metri di diametro; e non so voi, ma io ne approfitto per una siesta di mezzora sotto le sue fronde.

Il cedro gigante in piazza Principe Real
Il cedro gigante in piazza Principe Real

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Ecco le tappe successive del viaggio:

E qui la prima puntata se ve la siete persa:

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