La Cambogia che ti dà uno schiaffo in faccia: Choeung Ek

Pubblicato il 27 Febbraio 2015

Scritto da Serena Puosi

Categorie: Cambogia

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“Questo paese è diventato per me la scoraggiante riprova di come al mondo non c’è giustizia, di come l’umanità ha perso la capacità morale d’indignarsi e di come la vita finisce sempre per trionfare sulla morte, ma lo fa nel più primitivo e crudele dei modi”.

Sono arrivata a Choeung Ek con un’immagine in testa, che altro non era che la quarta di copertina di “Fantasmi – Dispacci dalla Cambogia” dove un Tiziano Terzani corrucciato è ritratto davanti ai teschi dello stupa commemorativo del campo dell’orrore che mi apprestavo a visitare.

 

Splende il sole a Choeung Ek e mi sento ridicola a varcare la soglia munita di audioguida come un qualsiasi tedesco dalla pelle arrossata appena sceso da una nave da crociera. So che meno di 40 anni fa in questo giardino di litchi circa 10000 persone sono state deportate nottetempo direttamente dalla scuola carcere di Tuol Sleng a Phnom Penh e sono state massacrate senza avere nemmeno il tempo di implorare pietà, forse nemmeno di rendersi conto di tutto l’orrore del male.stupa

So perché sono qui: sono in cerca di una chiave di lettura per capire il mondo, voglio sospendere il giudizio e provare sulla mia pelle un briciolo di quello che è toccato in sorte al popolo cambogiano tra il 1975 e il 1978. Se penso che la maggior parte delle persone che conosco ha vissuto quegli anni mi fa ancora più male, perché ho letto che furono anni di silenzio e la Cambogia sconquassata da Pol Pot altro non era che un puntino lontano sulla mappa del mondo e quasi nessuno si preoccupava per la sua sorte. “La Cambogia potrebbe scomparire domani dalla faccia della terra e il resto del mondo non ci farebbe caso”.

frutteto

Muovo i primi passi verso lo stupa centrale, ogni cosa che si muove mi sembra fuori luogo, siano le persone, il vento tra gli alberi, le farfalle che si inseguono sopra le fosse comuni da cui, a distanza di anni, continuano a spuntare brandelli di ossa e vestiti a ogni acquazzone. Ogni tanto un addetto raccoglie i resti e li mette nelle scatole di vetro che si trovano tra le fosse, messe in bella vista a eterna memoria.

teca

ossaAscolto atterrita attraverso le cuffie i racconti dei pochi sopravvissuti, cerco una panchina per sedermi e riprendere fiato: c’è troppo orrore nel mondo e non riesco a farmene una ragione. I prigionieri erano scaricati qui dopo aver viaggiato ammassati sui camion, erano costretti a scavarsi la propria fossa ed erano giustiziati con gli stessi strumenti di lavoro: una pallottola equivaleva a soldi sprecati, lo stesso lavoro poteva esser fatto gratis, tanto valeva tirare loro una bastonata in testa.

Quando ascolto i racconti che riguardano i bambini ho un mancamento, non riesco nemmeno a scriverne da tanto che è fuori dalla grazia di dio. A ricordarli c’è oggi un albero carico di braccialetti variopinti, gli stessi che colorano il perimetro delle fosse comuni lasciati da coloro che hanno visitato il campo di sterminio negli anni, mossi dalla stessa pietà che sto provando io adesso.

albero dei bambini

Sono in pochi quelli che non stanno piangendo quando il giro si conclude dentro lo stupa che contiene circa 5000 teschi. Qui si entra scalzi, ci si muove in spazi angusti, ci si sente sempre di troppo mentre si osservano i teschi catalogati per colore in base ai segni che riportano. Anche io lascio andare tutte le lacrime che mi portavo dentro dalla visita a Tuol Sleng mentre la Cambogia si fa spazio nel mio cuore, decisa a rimanerci per sempre.

Ho fatto tutto il viaggio di ritorno in silenzio, mezz’ora con gli occhi coperti dagli occhiali scuri e con una sciarpa di cotone sulla bocca per non respirare tutto lo smog della città proprio quando il fiato ti viene a mancare.

casa degli spiriti

braccialetti

L’ingresso a Choeung Ek costa 6$ (audioguida in italiano inclusa) e si raggiunge con mezz’ora di motorisciò dal centro di Phnom Penh, contrattando con l’autista una cifra tra i 10 e i 15$.
Vi consiglio la lettura del post di Cabiria di Trip or Treat.

[I corsivi sono di Tiziano Terzani, tratti da “Fantasmi – Dispacci dalla Cambogia”]

Tag: viaggi

8 commenti

  • “La Cambogia potrebbe scomparire domani dalla faccia della terra e il resto del mondo non ci farebbe caso”.

    Sai, sono parole come queste che hanno sempre smosso in me il senso di giustizia e mi hanno sempre portata a credere che bisognasse dedicare attenzione alle tragedie del mondo, come la povertà, la solitudine, i drammi e le ingiustizie sociali.

    Post molto toccante*

    • A

      Ti capisco Vale, perché anche io sento molto fortemente il richiamo di chi subisce ingiustizie e soprusi. Il silenzio è un complice, quindi ho deciso di raccontare anche se è pesante da digerire. Grazie per le tue parole.

  • Non ho resistito, e ho letto subito. Mi manca l’aria a leggerti… Troppo orrore nel mondo, e questo è uno dei punti più bassi.
    Oltretutto mi sembra di aver letto da qualche parte che sia stato “comprato” e che gli introiti non vadano neanche nelle tasche cambogiane.. Ti risulta?

    • A

      Ciao Paola,
      lo so che alla Cambogia non puoi resistere, anche se si tratta di questioni che sono macigni.
      Non so se sia come scrivi, non l’ho sentita dire questa cosa e spero non sia così ovviamente. Se leggo qualcosa ti aggiorno.

  • Mi hai fatto venire la pelle d’oca. Per la tristezza, questa volta. Non so se riuscirei ad entrare lì.
    Quando mi sono trovata in un campo di concentramento in Austria, ho avuto un attacco di panico e sono dovuta scappare fuori. Non riuscirò mai a capirla la crudeltà umana. Mai.

    • A

      Nemmeno io Vale, e la cosa mi blocca quando penso al futuro.
      Però bisogna impegnarsi per non lasciare che questi fatti atroci vadano nel dimenticatoio. Forse è tutto quello che possiamo fare.

  • Ti leggo e mi tornano i brividi.
    Non mi vergogno a dire che ho avuto la tua stessa reazione, e che le lacrime provano a farsi spazio ogni volta che rileggo qualcosa di Choeung Ek: è rabbia, e senso di impotenza.
    Sì, è la Cambogia che rimane, che non si capisce, ma che rimane per sempre.
    Grazie!

    • A

      Grazie a te Cabiria.
      Un po’ il senso di impotenza, un po’ la banalità del male e la sua assurdità.
      Un po’ un intero popolo abbandonato alle furie di un pazzo omicida. Non so qual è il punto più basso di tutto ciò. Però so che si insinua dentro.

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