L’uomo sogna di volare
Guardare dall’alto,
planare sul mare
L’uomo ha voglia di cambiare
Ma non sa più come fareNegrita – L’uomo sogna di volare
Non servono oracoli, psicoterapeuti, cartomanti o streghe per capire che sognare di volare è uno dei simboli più forti per rappresentare il desiderio di libertà di un individuo. Provare questa esperienza dà un brivido che si sprigiona lungo la schiena quando si mollano gli ormeggi e si lasciano a terra le oppressioni librandosi leggeri nell’aria. È tensione verso l’infinito, verso un sogno da realizzare quanto prima, urgenza di fare, di non lasciarsi sopraffare dalla realtà quotidiana. Sognare di volare è una panacea di tutti i mali almeno per quel risveglio ed è di ispirazione per tutta la giornata.
Ma cosa succede quando si passa dal sogno alla realtà, quando si ha la possibilità di volare sul serio? Non mi riferisco all’aereo, ma ad un volo libero, senza supporti meccanici. Parlo del parapendio e di un sogno finalmente realizzato: VO-LA-RE. Ancora adesso che ci ripenso a distanza di un mese sento un tumulto di emozioni che mi mette in circolo il buon umore, chiudo gli occhi e torno a farmi cullare dal vento, gioisco di questa fortuna.
Come ogni simbolismo che si rispetti, per poter volare bisogna prima guadagnarsi la cima, arrivare al culmine della montagna con fatica per poi lasciarsi andare in un gesto liberatorio. Niente è regalato: i 20 chili di attrezzatura sono caricati a spalla come un fardello, ogni passo è in bilico sul ghiaccio e sulla neve.
Il Monte Costalta domina l’Altopiano di Pinè in Trentino e la salita che porta alla sua sommità a 1955 metri richiede un primo tratto di fuoristrada che, a conti fatti, si rivelerà la parte più paurosa di tutta l’impresa, da annoverare tra le “prime volte” di questo weekend trentino. Dopo un primo tratto coi furgoni, l’ascesa continua a piedi e zaino in spalla, in un alternarsi di paesaggi ineguagliabili e respiro corto.
Una volta raggiunta la cima, però, ogni sforzo è ripagato da scenari da togliere il fiato, stavolta non per la fatica ma per la meraviglia che si para di fronte agli occhi: distese di monti con qualche spruzzata di neve, i laghi e l’altopiano con case sporadiche sparpagliate qua e là. Lassù regna sovrana la pace, interrotta soltanto da un velivolo rumoroso che passa a volo radente sulle nostre teste e dal vento che sferza gelido sui nostri visi scoperti, l’unica parte del corpo non protetta da spessi strati di lana e giacche a vento.
Il vento è il padrone incontrastato qui: a seconda di come soffia non ci si lancia col parapendio, l’unica cosa da fare è aspettare. Capirò ben presto che c’è una parte del monte meno esposto ai venti ed è lì che bisogna stare per attendere che il vento giri dalla parte giusta. C’è un sole timido che scalda i cuori trepidanti d’attesa, siamo sospesi in balia degli elementi, siamo succubi della natura e trovo che sia corretto sottomettersi a questo fato, senza possibilità di replica.
Ad un certo punto l’attesa è interrotta dalla rapida decisione che ci si può lanciare, basta imbracarsi dopo una breve spiegazione di preparazione e, senza il tempo di poter pensare che si sta facendo una pazzia, ci si ritrova sospesi coi piedi penzolanti. In realtà tutto quello che si deve fare se si è i passeggeri del parapendio è fidarsi della persona che lo guida, per il resto si deve fare una corsa iniziale e godersi il momento.
Sono arrivata a lanciarmi con l’animo sereno di chi è elettrizzato per una novità, scongiurando fino all’ultimo che il vento tirasse a nostro favore. Non avevo paura, non ce l’ho avuta nemmeno un attimo, ero solo molto curiosa e un po’ incosciente. Il volo vero è proprio è stato uno spasso: volare col parapendio è stato proprio come essere dentro un sogno, quando vedi tutto dall’alto e ti sembra di sfiorare contemporaneamente le cose degli uomini e le nuvole. Era talmente freddo che non riuscivo a esprimere la mia gratitudine al “pilota”, volevo ringraziarlo per quella magnifica esperienza ma la bocca mi si era paralizzata dal freddo. Poco male: il silenzio mi ha fatto apprezzare ancora di più i panorami visti da una prospettiva inedita; solo il vento era libero di esprimersi.
Temevo un po’ la parte dell’atterraggio, invece con pochi passi e la destrezza del ragazzo che guidava il parapendio è stato semplice. All’arrivo ad attendermi c’erano le grida dei ragazzi che non avevano volato, eccitazione e gambe tremolanti, un sorriso da orecchio a orecchio e l’idea che “il vero miracolo non è volare in aria o camminare sulle acque, ma camminare sulla terra“.
Ho avuto la fortuna di provare questa esperienza durante il blogtour #pinecembrainblog grazie a Sottovento Parapendio Pinè e alle splendide ragazze dell’APT Visitpinecembra e a Claudia e Alessandra di AT Comunicazione. A tutti loro va il mio sentito, riconoscente grazie!