Un’altra edizione di BTO è giunta al termine e, come ogni volta che vi ho preso parte negli anni (e sono tante!) mi ritrovo a fare il punto dopo la centrifuga di due giorni passati a correre da un appuntamento all’altro.
Qui rivesto i panni di travel blogger, quindi il taglio che vorrei dare è pensato per chi cerca su questo blog risorse per viaggiare in modo migliore, ma visto che nella vita mi occupo di scrittura, declinata sui social come social media manager e sui siti come copywriter, non mancheranno riferimenti al mondo digitale nel quale mi muovo da una quindicina di anni.
Per i non addetti ai lavori e per chi sente parlare per la prima volta di BTO introduco l’argomento con qualche paragrafo informativo, mentre sotto trovate gli spunti che mi porto a casa dall’evento di quest’anno.
Cos’è BTO
Partiamo dalle basi: cos’è BTO?
BTO è l’appuntamento di riferimento in Italia su Turismo Digitale, Innovazione e Formazione che ha preso vita nel 2008, proponendo da allora contenuti innovativi e al passo coi tempi grazie a speaker nazionali e internazionali.
A BTO si va per tenersi al passo coi tempi nel mondo del turismo, ma anche per fare networking tra operatori e aziende sul turismo digitale. Si ricevono un sacco di stimoli, a volte visioni, si accendono lampadine sulla direzione che ha preso il turismo e si aprono scenari per il futuro.
BTO ha 4 topic principali ed è composto da un comitato scientifico che vede come direttore Francesco Tapinassi e come coordinatori dei 4 temi:
- Emma Taveri – Destination
- Giulia Eremita e Rodolfo Baggio – Digital Strategy
- Roberta Milano – Food & Wine Tourism
- Nicola Zoppi – Hospitality



Ogni anno viene scelto un tema, che è il filo conduttore dell’evento. Per il 2024 la scelta è ricaduta su “BALANCE: AI Confluence in Travel”. Il tema caldo di questi mesi in ambito digitale e travel è senza dubbio l’intelligenza artificiale e le sue declinazioni, che suscitano un mix di curiosità e paura.
Se da una parte, infatti, con l’introduzione dell’intelligenza artificiale nel mondo turistico ci sono infinite possibilità e risparmio di energie e risorse, dall’altra il timore di perdere controllo e potere sui processi è grande. E se esistesse un bilanciamento tra tutto questo? Ne ho ascoltato a lungo in BTO, vi riassumo alcuni spunti di seguito.
Spunti da BTO 2024
Dei 4 topic di BTO, nella due giorni fiorentina mi sono destreggiata maggiormente tra i temi Destination, Digital Strategy e Hospitality non tanto per una mancanza di interesse verso Food & Wine Tourism, quanto perché c’erano colleghe e colleghi più ferrati di me in materia a coprire questi temi.
Ecco gli spunti che mi porto a casa.

BTO 20204: Hotel e Intelligenza Artificiale
Il primo panel a cui ho assistito è stato “Dove eravamo rimasti: Direttori e manager d’hotel fanno il punto sul processo di digitalizzazione” moderato da Nicola Zoppi e con la partecipazione dei membri dell’advisory board del topic hospitality.
Si è discusso dello stato di avanzamento nell’utilizzo di strumenti di AI nelle strutture turistiche partendo da una domanda: “quanto tempo posso risparmiare se in hotel riesco ad automatizzare i processi sostituibili con l’AI?”.
Lo stato dell’arte è che siamo in un periodo di transizione, con una forte accelerata sull’utilizzo dell’AI che non può prescindere da un pensiero strategico. Il pericolo percepito è la disumanizzazione di un settore che si caratterizza per l’incontro con l’altro e la potenziale perdita di empatia e anche di posti di lavoro.
In realtà non è così: anche se molti processi vengono automatizzati (dalle macchinette per il caffè alla risposta con i chat bot), il personale è sempre necessario e deve programmare e intervenite laddove gli strumenti automatici non arrivano.
È molto probabile che non ce ne siamo nemmeno accorti ma abbiamo parlato con un chat bot che ci è parso umano! L’atteggiamento più saggio è affidarsi alla tecnologia sfruttandone tutto il potenziale, imparare dalle risposte date dall’intelligenza artificiale e ricalibrare il tiro. Ne beneficeranno soprattutto i piccoli hotel e coloro che impareranno a fare le domande giuste.
Grazie a Giovanna Manzi, Antonio Maresca, Varner Ferrato, Bruno Strati e Marco Bianciadi per il loro contributo.

Nel panel “Disegnare il Prodotto sui bisogni e non sui comportamenti: tecnologie ed esempi” moderato da Silvia Moggia, ho trovato un filo conduttore con il panel “Dove eravamo rimasti”. In questo incontro, infatti, ho ascoltato le testimonianze di direttori d’hotel che hanno confermato che il tempo liberato dall’utilizzo dell’AI è tempo libero per chi lavora in hotel, che quindi è più felice e diffonde il benessere sugli ospiti. Un ambiente virtuoso è la base per far vivere un soggiorno piacevole alle persone, quindi nella ricerca di personale è necessaria curiosità e apertura verso i cambiamenti.
Interessante anche il concetto di hotel diffuso in un borgo altrimenti spopolato: l’aver centralizzato servizi come la colazione stimola gli ospiti a relazionarsi con un dentro – la stanza di hotel – e un fuori – il borgo con i suoi abitanti – generando una relazione autentica con le comunità locali. È necessario un benessere organizzativo, che crea un circolo virtuoso e sostenibile di lavoro.
Grazie a Giovanna Manzi, Gianluca Borgna, Nicola Ivo Zucca, Antonio Maresca per gli spunti.

Storie di donne da cui imparare
Nella due giorni fiorentina ho assistito a un paio di panel dedicati a “BTO Women” e condotti dalla giornalista Clara Svanera. L’obiettivo di queste interviste era presentare progetti visionari legati al turismo raccontati dalle protagoniste che li hanno realizzati e che hanno offerto nuova linfa alle comunità locali.
Ester Tamasi, direttrice del Malta Tourism Authority, ha raccontato del progetto “Nessuna donna è un’isola”, una mostra fotografica itinerante con due chiavi di lettura: la descrizione delle principali attrazioni di Gozo, la seconda isola dell’arcipelago maltese, attraverso immagini panoramiche, e la narrazione di un ipotetico viaggio tutto al femminile.
Lo sguardo femminile sui luoghi fa emergere gli aspetti più evocativi e spirituali, facendo percepire Gozo come una meta che regalerà alle donne che decideranno di partire da sole emozioni forti e la consapevolezza che si tratti di un’isola sicura, ricca di possibilità e dalla bellezza mistica.
L’intervento di Erika De Santi, co-founder di We Road, è stato una sorta di discorso motivazionale molto in linea col tone of voice del brand. Per chi non lo sapesse, We Road è un Tour Operator che organizza viaggi di gruppo, in media tra le 6 e le 15 persone, il più possibile omogenei per età e in cui i viaggiatori partono quasi sempre da soli.
Chi fa un We Road spesso è spinto dalla voglia di combattere la solitudine e scoprire se stesso, per creare ricordi e un senso di appartenenza. La pillola che mi porto a casa dopo questo intervento è: “bisogna continuare a osare per capire cosa ci muove e ci fa stare bene, e sincronizzare tutte le scelte su questo per vibrare all’unisono”.
Un altro progetto al femminile molto interessante è stato quello di Eleni Sarikosta, fondatrice del progetto greecetherapy.com che ha creato un laboratorio di felicità in luoghi che portano alla terapia dell’anima, ricordandoci sempre che la felicità parte da noi stessi.
È stata poi la volta di Silvia Salmeri, fondatrice di Destinazione umana, che nei viaggi di gruppo proposti ha messo al centro il camminare come gesto per rallentare e creare incontri. Durante questi viaggi tutti al femminile, le donne cercano un momento tutto per loro stesse, aperte alla contaminazione delle altre donne, ad accendere scintille e pronte a rivendicare la propria libertà.
Mi è piaciuto molto anche il progetto Mannos raccontato da Maria Giovanna Carta per valorizzare i giovani protagonisti dell’economia del futuro, i piccoli produttori che con fatica e passione, ogni giorno, realizzano i prodotti enogastronomici più preziosi della Sardegna.
Mannos permette a chiunque di adottare un pezzo di Sardegna ed esperienze per diventare co-produttori consapevoli di ciò che si mangia, ad esempio si adotta una pecora e si riceve a casa il formaggio. L’ho trovato un modo nuovo per tramandare la vecchia saggezza e conoscenza degli avi e per permettere la sopravvivenza di piccole aziende.

Destinazioni guidate dai dati e sostenibilità
Sono anni che sento ripetere questa cosa ma ancora molte destinazioni turistiche non si sono messe al passo: le decisioni devono essere prese dati alla mano, non basarsi su sentimenti o improvvisazione. Sono stati due i panel che ho seguito su questo tema: uno dal titolo “Data-driven decision-making in destination” che ha esplorato i casi di studio pratici di Cornovaglia e Siviglia e le applicazioni reali dell’intelligenza artificiale nella gestione dei flussi turistici, nella pianificazione delle infrastrutture e nello sviluppo regionale.
A Siviglia, per esempio, la tecnologia è già usata per regolamentare la densità dei flussi turistici triangolando i dati di sensori ottici, Wi-Fi e operatori di telefonia. La priorità? I cittadini, non i turisti.
Questo punto di vista, a cui molte città italiane affette da overtourism potrebbero ispirarsi, è stato confermato anche nel panel “Destinazione sostenibile: esiste davvero? Confronto tra buone pratiche nazionali ed internazionali“, in cui il CEO del Málaga Tourism Board ha asserito che i cittadini vengono prima di tutto.
Se la città sta bene, anche il turista sta bene: ecco perché hanno scelto di pedonalizzato tutto il centro e identificare i flussi turistici in modo da dirottarli su zone diverse. Sempre a Málaga, questo monitoraggio dei dati unito al dialogo costante con i cittadini ha permesso di rendere il turismo più sostenibile, ad esempio irrigando gli 80 campi da golf presenti con acque residue.
Anche Lugano si occupa di sostenibilità del turismo congressuale, coniando anche un hashtag #Luganosoatenibile e un neologismo: Swisstainable. Un esempio nostrano è il borgo di Peccioli, in provincia di Pisa, insignito della Bandiera Arancione dal Touring Club Italiano. La gestione dei rifiuti, spesso considerata un problema, è diventata per Peccioli il motore di un rinascimento culturale e artistico.
Grazie a una visione pionieristica, il borgo ha investito in impianti di smaltimento all’avanguardia, trasformando i profitti in risorse per sostenere progetti di valorizzazione del territorio. Installazioni artistiche contemporanee, eventi culturali e infrastrutture innovative hanno fatto di Peccioli una destinazione in cui l’arte e la sostenibilità convivono armoniosamente… e oggi la discarica è una location per le foto dei matrimoni!
Grazie a Silvia Moggia, Malcolm Bell e Daniel Santana.
Grazie a Ada Rosa Balzan, Monica Besomi, Laura Agretti e Jonathan Gómez Punzon.

Turismo e accessibilità
“Destination for all: accessibilità, inclusione e innovazione digitale per rendere il viaggio aperto e accogliente per tutti” partiva da un assunto che può sembrare cinico ma empirico: poiché quasi il 16% della popolazione mondiale vive con qualche forma di disabilità, le destinazioni che sapranno adattare la propria offerta alle diverse esigenze godranno di un vantaggio competitivo.
Il “diritto al turismo“, così come a una libera scelta personale dei propri spostamenti, dovrebbe essere un diritto naturale dell’individuo, ma sappiamo bene che resta ancora molto da fare. C’è la questione delle infrastrutture fisiche e naturali, ma anche la necessità di avere una destinazione ospitale e attrattiva, fruibile da tutti.
Uno spunto che mi ha fatto molto riflettere e che mi sembra utile condividere è che non dobbiamo pensare solo a delle disabilità permanenti, ma anche a tutte quelle condizioni provvisorie che potrebbero impedirci di vivere appieno un viaggio (una gamba rotta, un problema alla vista, ecc.). Non solo: anche il digital divide in un paese popolato da un alto numero di anziani è un possibile impedimento alla fruizione di servizi. Conviene allora promuovere la partecipazione di tutti al turismo come un’opportunità di cui tutti possiamo beneficiare.
Ci sono destinazioni che hanno già iniziato il percorso di certificazione per turismo accessibile come ad esempio l’Ente del Turismo in Germania e nelle Asturie in Spagna. Cosa troviamo in queste destinazioni? Esperienze testate effettivamente da qualcuno con disabilità, percorsi in natura percorribili anche in sedia a rotelle, guide turistiche specializzate in questa nicchia.
In Italia Coopculture ha reso accessibili 250 luoghi d’arte con l’eliminazione di barriere fisiche, video guide in LIS e IS, guide in Braille e easy reading, comunicazione aumentativa e visori.
Grazie a Agata Marchetti, Cristina Álvarez Solís, Laura Aversa, Silvia Gravili e la moderazione di Carmen Bizzarri.

Turismo e contenuti digitali
Veniamo ora la mio pane quotidiano: la creazione di contenuti per realtà turistiche (e non solo). Sono tre i panel a cui ho assistito in materia:
- “Contenuti che lasciano il segno: tra Algoritmi, AI, Sostenibilità e Narrativa” moderato da Giulia Eremita con Ruben Santopietro, CEO di Visit Italy, Sarah Pandolfini, esperta di video editing e Camilla Denti, Social Media Manager di Italy Ambassador Awards
- “Content strategy, un framework per essere importanti” con Rocco Rossitto
- “Strategie di marketing degli influencer: tendenze e best practices” moderato da Stefania Giampalmo, Project Manager di Italy Ambassador Awards, Anna Maria Bussinello Communication & Social Media Manager di Aquardens a Verona, Clara Zanardi, Social Media Manager di Austria Turismo, Lucho Perez Sanchez, Content Creator Manager di Visit Benidorm e Assunta Timpone, Media Director di L’Oreal Italia
Ecco alcuni spunti per voi.
Sapevate che il 70% dei visitatori stranieri in Italia si concentra sull’1% di territorio? E che entro il 2030 il 50% delle città d’arte italiane potrebbe diventare inaccessibile per overtourism? Sono sempre più frequenti i disagi causati da un turismo non regolamentato e le manifestazioni di turismofobia tipo “turists go home”.
Come risolvere il problema? Dirottando il turismo su luoghi poco noti, piccoli centri, borghi a rischio spopolamento. Come? Raccontando il lato umano della comunità. Non è solo la bellezza di un luogo a renderlo conosciuto, quanto il marketing (basti pensare che a livello social ci sono più menzioni di #visitnorway rispetto a #visititaly).

Video che lasciano il segno
Per quanto riguarda i video, che sono un contenuto sempre più apprezzato, aumentano la visibilità e sono contenuti freschi, è importante sapere che la storia narrata è ancora più importante dell’impatto estetico. Tutti desidererebbero che i propri contenuti divenissero virali, ma la vitalità – che sicuramente porta visualizzazioni e amplia la brand authority – ha come contro che non è controllabile e che porta haters.
Un video per essere virale deve catturare l’attenzione, stimolare una reazione emotiva, rispondere a un bisogno del pubblico ed essere allineato ai trend. Sarebbe ideale alternare varie tipologie di video (POV, VLOG, video motivazionali e informativi) e rendere il contenuto memorabile seguendo la struttura: gancio di 3 secondi, video diretto, semplice e con tone of voice in target, cura degli elementi tecnici come luci e transizioni.
Contenuti che creano dialoghi
Veniamo ora a una considerazione necessaria: nessun contenuto, per quanto ben fatto, risolverà mai i problemi del prodotto/servizio raccontato. I contenuti dovrebbero creare un dialogo con il brand e dovrebbero essere inseriti in un’ottica ampia e strategica.
Non si può definire content marketing un post isolato sui social, ma è necessario pensare a idee collaterali e fuori dal comune per essere impattanti nella memoria. Chiediamoci sempre se i nostri contenuti stanno generando valore e, laddove possibile, ricicliamo o riusiamo contenuti trasformandoli.
E gli influencer? Spesso se ne sente parlare con accezione negativa, ma i numeri parlano chiaro: gli influencer portano ancora visibilità ai brand, l’importante è scegliere quelli giusti per la nostra nicchia e considerare non solo nomi noti ma anche micro influencer.

Il mercato delle esperienze
Nel panel “Experience is the new black” (titolo fantastico!) Mirko Lalli di The Data Appeal Company ha intervistato ospiti che hanno parlato di come le esperienze siano il primo fattore di scelta per un viaggio. Sicuramente sono un settore in crescita e spesso la parola è abusata, ma i dati raccontano che il viaggiatore medio fa 23 esperienze all’anno! Le esperienze hanno una componente emozionale importante e lasciano anche tantissimo sul territorio.
Abbiamo visto il caso di Oltrepop, un esempio di valorizzazione dell’Oltrepò pavese che a livello identitario ha sempre fatto fatica, ma che ha avuto un grande successo con la proposta delle cene in vigna.
Le esperienze creano anche connessione col territorio, devono essere memorabili e favorire lo sviluppo di zone altrimenti non turistiche. Non c’è una formula magica per far funzionare un’esperienza, ma se sono autentiche, uniche, tipiche, locali hanno una marcia in più. Importantissimo anche iper targettizzare e verticalizzare: le esperienze sono sempre più destinate a persone specifiche di piccole nicchie.

Gran finale
Sono giunta alla fine del mio racconto di BTO e spero che questi spunti vi siano stati utili per riflettere e fare il punto su turismo, digitalizzazione e futuro. Mi farebbe piacere ricevere vostri commenti al riguardo, intanto concludo con i dovuti ringraziamenti.
Un grazie enorme ad Annalisa Romeo per aver coordinato il social media team e il Tuscany team e a Roberta Milano per il coordinamento della comunicazione. Grazie anche al comitato scientifico, ai relatori che non si sono risparmiati e ci hanno raccontato con generosità un pezzo della loro esperienza e ai miei compagni di viaggio. Al prossimo anno!

Qui altre due edizioni dell’evento raccontate sul blog: