“La mia vita si fonda sul bisogno di viaggiare e osservare…
e la mia macchina fotografica è il mio passaporto”
Steve McCurry
In molti conoscono il fotografo statunitense Steve McCurry per lo scatto della ragazza afgana, uno di quelli che l’ha reso celebre ovunque. Per chi non lo conoscesse è un fotografo che collabora con alcune delle riviste più prestigiose del mondo come Time, Life, Newsweek, Geo e il National Geographic, inviato su mille fronti di guerra per testimoniare coi suoi scatti ciò che avviene e che non può essere raccontato a parole. Ha vinto due World Press Photo Awards ed è sempre in viaggio per aggiungere nuovi scatti al suo vasto portfolio.
Steve McCurry è una fonte di ispirazione ed un mito assoluto per me che sono alle prime armi con la fotografia, per questo sapendo di andare a Roma mi sono organizzata in modo da visitare la mostra, che consta di circa 200 scatti selezionati dal vastissimo repertorio del fotografo.
La mostra e il progetto di allestimento sono curati dal designer italiano Fabio Novembre. Le foto sono allestite dentro una serie di volumi che sembrano delle mezze sfere, in un percorso allo stesso tempo guidato e radbomante, che permette al visitatore di seguire un filo logico pur nella libertà di posare lo sguardo dove preferisce e per il tempo che vuole. Le foto non sono disposte con criteri spazio-temporali, ma seguendo un filo logico di argomenti e di assonanze, riunendo epoche e luoghi molto distanti.
Il percorso comincia con 3 video, uno dei quali racconta la storia del celebre ritratto della ragazza afgana dagli occhi verdi e del ritrovamento della stessa per nuovi scatti a distanza di anni. In questa mostra sono esposti per la prima volta i lavori più recenti di McCurry, quelli che vanno dal 2009 al 2011 e che includono il progetto “the last roll” con le immagini scattate in giro per il mondo utilizzando l’ultimo rullino prodotto dalla Kodak.
Troviamo poi gli scatti degli ultimi viaggi a est, dove Steve ha immortalato il Buddismo in Thailandia e in Birmania. C’è anche un inedito su Cuba e una selezione di fotografie scattate in Italia.
Nonostante le mie altissime aspettative la mostra è riuscita a sorprendermi per gli scatti, per l’allestimento, per i colori e le espressioni che ti restano dentro. È un po’ come viaggiare nello stesso pomeriggio in India, in Afghanistan, a Cuba, dovunque. È un po’ come camminare tra i templi cambogiani, uscire da una metro giapponese e incontrare una gheisha, perdersi tra i campi di riso cinesi, pescare coi cingalesi e dormire all’addiaccio coi poveri ritratti nelle fotografie. È un po’ come conoscere i bambini fotografati nelle scuole coraniche, pranzare con le donne africane, scivolare sui canali veneziani su una gondola.
Avete ancora un mese di tempo per visitare la mostra (chiude il 29 aprile), non so se si è capito ma ne vale la pena!
Ecco tutte le informazioni utili:
Indirizzo:
Roma, MACRO Pelanda
Piazza Orazio Giustiniani 4
3 dicembre 2011 – 29 aprile 2012
Orario di apertura:
Da martedì a venerdì dalle ore 15.00 alle 23.00.
Sabato, domenica e festivi dalle ore 11.00 alle 23.00.
(La biglietteria chiude 45 minuti prima)
Aperture straordinarie:
26 dicembre 2011; 9 e 23 aprile 2012.
Biglietti:
€ 10,00 intero
€ 8,00 ridotto (per minori di 18 e maggiori di 65 anni, gruppi di 15 persone, universitari con tesserino e titolari di apposite convenzioni)
€ 4,00 ridotto speciale (gruppi di studenti delle scuole elementari, medie e superiori)
Gratuito per per minori di 6 anni, due insegnanti accompagnatori per classe, giornalisti con tesserino, disabili con un accompagnatore.
Metro più vicina: Piramide
Questo è il sito del MACRO con tutte le indicazioni.
Questo è il sito ufficiale del fotografo, vi ci perderete!
[Foto di copertina: John Ramspott]
2 commenti
Mercoledì
Cerca di andare a entrambe: meritano davvero, sono stupende!
Buona Roma! 🙂
100days
Stupendo! Io vado domani l’altro e cercherò di passare anche dalla mostra di Bresson, non vedo l’ora.