Strade indiane: ho visto cose che voi umani…

Scritto da Serena Puosi

Categorie: India del Nord

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La strada scorre infinita.
Attimo per attimo c’è un odore, un colore, un senso che è l’India:
ogni fatto più insignificante ha un peso d’intollerabile novità.

L’odore dell’India – Pier Paolo Pasolini

Avevano provato in molti a raccontarmi come funzionavano le strade indiane ed ero partita con quel misto di terrore e curiosità che si prova per tutte le cose nuove e diverse dal nostro vissuto. Adesso, a cose fatte, posso dire che percorrere le strade indiane è qualcosa che sfugge alla più fervida immaginazione, ma ho deciso di cimentarmi nell’impresa di provare a spiegarvi cosa hanno visto i miei occhi (e cosa hanno provato i miei nervi!).

Gli accordi erano che all’aeroporto di Nuova Delhi avremmo trovato il nostro autista con la macchina che ci avrebbe accompagnato per quasi tutti i giorni dell’avventura indiana. Dovete sapere, infatti, che quella parte del Nord dell’India conosciuto come Rajasthan si può girare anche coi mezzi pubblici, ma non certamente in due settimane. Per questo abbiamo optato per questa soluzione comoda e anche un po’ snob: una macchina con autista a disposizione sembra proprio roba da ricconi. In realtà il prezzo totale è qualcosa di veramente accessibile, quindi questa opzione ci è sembrata la migliore per macinare chilometri e raggiungere tutti i posti che erano nella nostra lista desideri.

Un risciò a pedali
Un risciò a pedali

In effetti, al terminal degli arrivi all’aeroporto di Nuova Delhi si è subito palesato Dash, l’autista che ci ha fatto compagnia e che ci ha scortato per tutto il viaggio in Rajasthan. Bassino, magro, capelli tirati indietro col gel, camicia e pantalone d’ordinanza perfettamente stirati, orecchini vistosi a forma di fiore su entrambi i lobi e occhialetti dalla montatura fine: un personaggio riservato, che ha risposto a tutte le nostre domande senza mai essere invadente (tranne l’ultimo giorno in cui ci ha chiesto quanto guadagnavamo per fare i suoi conti sulla mancia che gli avevamo lasciato) e che è diventato bene o male parte integrante del viaggio.

Dash, il nostro autista
Dash, il nostro autista

Dash ci ha accompagnati alla macchina che – sorpresa delle sorprese – ha la guida a destra. Avrei potuto immaginarlo visto che l’India è stata sotto l’egemonia della Gran Bretagna per anni, ma non avevo considerato questo aspetto e, fino alla fine del viaggio, il cuore mi è sobbalzato in gola ad ogni rotonda e ad ogni sorpasso perché mi sembrava che imboccasse la strada al contrario o che sorpassasse dalla parte sbagliata (questo, in effetti, credo l’abbia fatto comunque).

Traffico indiano
Traffico indiano

I dieci minuti di assoluto silenzio nell’abitacolo seguiti alle presentazioni d’obbligo sono stati fin da subito compensati dall’assordante chiasso delle strade indiane: clacson, frenate stridenti, gente che attraversa a caso. Lo smarrimento è totale, lo shock culturale intenso fin da subito. Dash deve aver visto le nostre facce dallo specchietto retrovisore perché ci ha chiesto se sapevamo quale fosse il motto delle strade indiane. È molto azzeccato: “Good horn, good brakes and good luck!” (buon clacson, buoni freni e buona fortuna!).

Mezzi indiani
Mezzi indiani

Ogni volta che salivamo in macchina il rituale era sempre lo stesso: Dash aveva pulito l’auto dentro e fuori (le apparenze e la forma contano tantissimo), lui si metteva la cintura e toccava quella cosa di plastica che pendeva dallo specchietto retrovisore, una riproduzione di uno degli dei del ricco pantheon indiano che dovrebbe garantire una giornata positiva. Dopo questo passaggio ogni giorno cominciava l’avventura: dover percorrere ogni giorno tra i 200 e i 600 chilometri ci ha permesso di vedere di tutto.

Si vende di tutto lungo le strade indiane
Si vende di tutto lungo le strade indiane

La prima cosa che si nota è l’uso compulsivo dei clacson a cui segue l’uso scellerato dei freni. In pratica si suona il clacson per segnalare il proprio passaggio o che si sta per effettuare un sorpasso, così come semplicemente per affermare la propria presenza sulla strada. Siccome è largamente diffuso e, anzi, consigliato, questo frastuono di suoni non è mai accompagnato da impulsivi gesti dell’ombrello e grida becere da un finestrino all’altro. Questa cosa mi ha stupito molto perché immaginare la stessa situazione in Italia sarebbe impensabile. l’utilizzo massiccio dei freni sostituisce gli insulti: bisogna avere sangue freddo e prontezza per essere sempre pronti ad affondare col piede destro.

Banchetti lungo le strade indiane
Banchetti lungo le strade indiane

Dopo lo stordimento acustico viene lo stordimento visivo: non sono solo le auto e i camion ad occupare le corsie di marcia in India. Ci sono altri mezzi fantasiosi come i risciò guidati da biciclette, poi ci sono le Api Piaggio adibite a piccoli pulmini su cui possono entrare anche dieci persone, i pullman pieni zeppi di persone dentro e… sul tetto! E ancora camioncini che hanno visto tempi migliori riempiti all’inverosimile, jeep così piene che l’autista ha una chiappa appoggiata al sedile e una fuori dall’abitacolo, ogni sorta di motorini e moto fatte di ferraglia arrugginita. I camion stessi riservano delle sorprese: oltre al fatto che hanno le ruote consumate, un pennacchio nero anti malocchio agli specchietti retrovisori esterni e delle scritte improbabili sul retro (come “horn please” e “blow horn”), sono anche carichi a livelli impressionanti e non puoi far altro che sperare che non perdano il carico. È tutto molto folcloristico, quasi surreale, mi incantavo a guardare per ore fuori dal finestrino senza mai annoiarmi.

autobus-indiano
Se il bus è pieno… nessun problema!

Quando pensi di averle viste tutte, poi, ecco che entra in campo il carico pesante: non ce le vuoi far pascolare un po’ di mucche in autostrada? La risposta è scontata: in India tutto è possibile! E allora ecco che nello spartitraffico centrale che divide le quattro corsie in due sensi di marcia si presentano mandrie poco pasciute in cerca di qualche filo d’erba commestibile. Lo stesso vale per cani, pecore, cammelli, montoni, maiali e sicuramente qualche altra specie animale che adesso sfugge al mio ricordo, probabilmente archiviata nel fascicolo della mia mente col cartellino “fantascienza”.

Motocicletta indiana
Motocicletta indiana “Dazed and confused”

Il bello è che il quadro non si completa solo con quello che è SULLA strada: c’è da considerare anche quello che si trova LUNGO la strada. Ai bordi della carreggiata, infatti, non è come sulle nostre autostrade che il fuori è separato dal dentro da guard rail e ostacoli. No, in India è un tutt’uno, non si sa dove finisce la strada e dove inizia il paese che si è esteso con bancarelle, mercati, parcheggi, strutture e persino templi fino al ciglio dell’autostrada. Il che, ovviamente, non fa che aumentare l’entropia. Ecco quindi che gli automobilisti inchiodano e deviano su un lato della strada per bisogni fisiologici e spirituali, per riempirsi lo stomaco e per sgranchirsi le membra affaticate dalle tante buche sull’asfalto.

Ape-Risciò
Ape-Risciò

Ancora a distanza di qualche mese non riesco a capacitarmi di come tutto possa essere andato liscio in quel marasma di lamiere e corpi, in quel caos di traffico e smog, in quelle strade prive dei minimi accorgimenti per salvare la vita agli impavidi che decidono di percorrerle. Ogni viaggio in auto in India è un’avventura che non saprai mai come andrà a finire, è un salto nel vuoto adrenalinico e un miscuglio di colori, suoni, odori che ti si appiccica sulla pelle e non se ne va mai più.

Qui trovate tutti i post sull’India:


indimenticabile_india_ebookTi è piaciuto questo post sull’India?
Sei appassionato di questa terra?
Ho scritto un libro su questo viaggio. Si intitola “Indimenticabile India. Racconti di viaggio in India del Nord tra il Rajasthan, Agra e Varanasi” ed è disponibile sia in formato cartaceo sia elettronico. Se ti interessa lo trovi qui. GRAZIE!

Tag: viaggi

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