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Caduti dal muro: un libro che è anche un viaggio nei luoghi del comunismo

Caduti dal Muro

Raramente un libro riesce a conquistarmi fin dalle prime righe, di solito ho bisogno di tempo per entrare nelle pagine e nel modo di scrivere che cambia da un autore all’altro. Con Caduti dal muro” di Tito Barbini e Paolo Ciampi, invece, ho provato esattamente l’opposto: ho avuto l’impulso di sottolineare tutto dalla prima riga fino in fondo alla pagina, divorando capitolo dopo capitolo e sentendomi quasi in imbarazzo per quella vicinanza che sentivo in righe che – con tutta la modestia del caso – potevo aver scritto di mio pugno.

Ho letto le prime pagine come in estasi, con lo stesso sorriso sulle labbra che mi attraversa il volto quando incontro una persona speciale che sento diventerà un’amicizia preziosa, come quando nella mente di due persone balena lo stesso pensiero all’unisono e basta uno sguardo d’intesa per dirselo. Ho chiuso il libro, ho fatto un respiro, mi sono accorta di sorridere in uno scompartimento troppo riscaldato di un treno regionale che mi riportava a casa, ho pensato che era tutto vero: quel libro era finito nelle mani giuste.

Caduti dal muro” edito nel 2009 da Vallecchi Editore nella collana Off the road (300 pagine, 12€) in un formato tascabile che fa venir voglia di non separarsene mai, racconta a vent’anni dalla caduta del muro di Berlino il tramonto del “sole dell’avvenire” e di tutta un’epoca scandita da falce e martello in molti paesi del mondo. Attraverso la fitta corrispondenza di Tito Barbini, viaggiatore di lungo corso e politico, e Paolo Ciampi, giornalista e scrittore, si srotola un viaggio lento in treno e zaino in spalla attraverso due continenti. Da una parte Tito, che intraprende questo viaggio tra paesaggi e utopie in macerie, dall’altro Paolo che, da casa, raccoglie i pensieri di Tito e li rielabora secondo la sua esperienza, per un viaggio in solitaria che è allo stesso tempo virtualmente corale: una corrispondenza fitta e sentita, in cui non ci si sente guardoni, ma partecipi del dibattito proprio come durante un’accalorata riunione di partito.

Germania

Il viaggio parte dall’Europa orientale, per la precisione da Berlino, quartiere di Kreuzberg. Qui l’Europa si fa meticcia e i miei ricordi di viaggio hanno iniziato a mescolarsi alla corrispondenza di Tito e Paolo. Ricordo Berlino Est che sfiora Berlino Ovest, lo squisito cibo turco a buon mercato e i murales che ravvivano il grigio dei palazzi. E il muro che è sempre lì, se non nella realtà almeno nei nostri pensieri.

“E godo della libertà ritrovata, ma non posso fare a meno di pensare alle tortuosità della Storia, alle sue crudeli contraddizioni, alle inesauribili possibilità di sofferenza che è in grado di infliggerci.”

“Spesso è così: proprio quando uno è convinto di essersi smarrito ecco che è più vicino alla destinazione”

Leggi il post dedicato: Berlino in quattro giorni

Berlino

Repubblica Ceca

Dalla Germania il viaggio si sposta in Polonia e poi nella Repubblica Ceca, a Praga. Di Praga ho un ricordo molto romantico perché era il primo viaggio a due in cerca di conferme. Avevo un carico di paure che ho affogato nella Moldava, tutta la mia testa era presa da un vortice a cui non volevo dare un nome né una fine, non c’era spazio per accorgersi della Storia che aveva solcato quelle strade. La città vecchia, il ponte Carlo, il Quartiere Ebraico non sono altro che scenografie: di Praga ricordo come mi sentivo, e a volte basta questo dei viaggi. La Praga di Tito torna ai ricordi di quando quella terra si chiamava ancora Cecoslovacchia: allora infuriava la Primavera di Praga tra carri armati e una disperata resistenza, e la città subiva la stessa metamorfosi di Gregor Samsa. La realtà è ben diversa a distanza di anni:

“Non mi sembra vero, se solo spingo gli occhi fuori della vetrata, la stessa vetrata di trentasette anni fa, e indugio sulle comitive di turisti giapponesi mordi e fuggi, sulle pubblicità di hot-dog e di videocamere, sulle vetrine scintillanti di negozi che sono altrettanti archi di trionfo del capitalismo ruggente e globale.”

Leggi i post dedicati:

Ponte Carlo a Praga

Ungheria

Il viaggio arriva a Budapest, in Ungheria.

“L’Ungheria, per il Pci, è stata come una di quelle ferite che non si rimargina mai veramente, per quante volte si pulisca, si disinfetti, si cambino le bende.”

Sono stata a Budapest con mia sorella, la città indubbiamente elegante, vitale, quasi impostata. Oltre all’imponente Parlamento, a Buda sulla collina, alle terme all’aperto più grandi che abbia mai frequentato, mi è rimasto sulla pelle l’astio mai sopito degli ungheresi verso i russi. Lo stesso sentimento della fine di un’epoca viene fuori dalle pagine di “Caduti dal Muro” che parlano di Budapest: rimane in bocca un gusto dolceamaro, un po’ come capita col cibo ungherese.

Leggi il post dedicato: Prima volta a Budapest? Il mio itinerario di tre giorni

Budapest

Russia

Da Budapest a Kiev per poi arrivare a Mosca, perché un viaggio nei paesi del comunismo senza passare dalla Russia sarebbe stato manchevole di una fetta importante della torta. A questo punto del libro mi è parso sempre più evidente che i viaggi che ho fatto finora hanno un filo rosso che li collega, eppure non me ne ero mai accorta prima. A Mosca sono capitata per caso, in uno dei viaggi meno programmati della mia vita e ancora ne conservo nitidi ricordi che avevo raccolto a caldo in un post. Sono partita con un fardello pesante fatto di militanza politica e di quella paura che assomiglia a quando, nel sonno, ci sembra di cadere nel vuoto: e se tutti i miti in cui ho sempre creduto cadessero tutto d’un fiato? In questo si sostanzia buona parte del libro di Barbini e Ciampi, e sinceramente leggere queste pagine mi ha fatto sentire meno sola.

“Arrivando negli ex paesi socialisti si avverte, quasi sempre, una strana situazione: i regimi che sono caduti hanno lasciato dietro di loro, dopo un breve periodo di euforia, una desolazione profonda, che è insieme tristezza e vuoto morale”

Leggi i post dedicati:

 

Chiesa di Cristo Salvatore

Uzbekistan

Il viaggio di Tito continua approdando a Samarcanda, città mitica dell’Uzbekistan dove si mescolano Oriente e Occidente, dove Europa e Asia sono collegate da un filo di seta. Samarcanda dove sogno, un giorno, di mettere piede. Prossimo pezzo di viaggio: la Transiberiana. Ah quante immagini e sogni di viaggiatori evoca questa parola! Dalla Russia alla Cina in treno, oltre novemila chilometri fino a Vladivostock: un viaggio che ha bisogno di tempo e predisposizione mentale.

“Ogni viaggio, ne sono sempre più sicuro, in realtà è un’opportunità di autobiografia. E mentre il treno corre, e mi porta sempre più lontano da casa e sempre più vicino al mio cuore, ecco, vorrei brindare: a me stesso, al ragazzo gonfio di ideali che ero un tempo, all’uomo che sono oggi, un po’ più disincantato, è vero, ma ugualmente autentico.”

Cambogia

È poi la volta della Cambogia, altra terra che ho avuto la fortuna di vedere, una Cambogia cui sono arrivata via terra dalla Thailandia, proprio come ha fatto Barbini. Così come è stata posta a me, anche Tito ha dovuto rispondere alla domanda del perché si trovasse in Cambogia; anche io, come lui, ho spesso riassunto il tutto in “perché è bella”.

“Camminare da un paese all’altro è un’esperienza rara, che non credo di riuscire a descriverti, Paolo, e che pure ti raccomando caldamente. In qualche modo ritorni il viandante di altri tempi: e lo sei davvero, appartieni all’epoca in cui solo i miserabili, i clandestini, i profughi non oltrepassano i confini in macchina o in aereo.”

frontiera Poipet

Oltre la frontiera si dipana la Cambogia mutilata da Pol Pot: ricordo ancora col groppo in gola i campi di sterminio di Choeung Ek, la scuola delle torture di Tuol Sleng e il museo del genocidio. Visitare questi posti e conoscere la storia dei Khmer Rossi è stato per me un atto di forzata sete di verità e conoscenza, sapevo che non ne sarei uscita allo stesso modo in cui sono entrata. Per fortuna che la Cambogia è anche quella dei templi di Angkor.

Leggi tutti i post sulla Cambogia

braccialetti

Vietnam

Dalla Cambogia Tito si sposta in Vietnam, che per me ha rappresentato il primo impatto con l’Asia. Chissà poi perché come prima meta asiatica ho scelto il Vietnam, forse perché nel mio inconscio risuonavano le stesse parole che ho letto in “Caduti dal muro”, un paio di generazioni dopo:

“La mia è una generazione politica nata con il Vietnam e che dal Vietnam, dalla lotta di questa gente delle risaie contro il gigante americano, ha ricevuto il nutrimento indispensabile. Una generazione nata dall’amore verso questo paese, dalla passione per quei piccoli indomiti guerrieri che i reazionari chiamavano con disprezzo “vietcong”, ma che per noi erano solo figli del popolo.”

Hanoi, la baia di Halong… tutto evoca in me ricordi di un viaggio che mi ha insegnato molto non solo sul Vietnam, ma sul viaggiare in generale.

Leggi tutti i post sul Vietnam

Vietnam - Baia di Ha Long

Tito prosegue questo giro in Cina e poi in Tibet (le definisce “la Cina della grande illusione e poi il Tibet che sembra fatto apposta per educarci alla vita oltre le illusioni”), altre mete che sogno da un po’. Ma ormai forse l’avrete capito: dov’è che non fantastico di andare un giorno?

Balcani

Siamo all’ultima tappa di questo libro che sembra assomigliarmi sempre più: ci spostiamo nei Balcani, “il socialismo dietro casa, quello appena oltre il nostro confine”. Se ci fermiamo un attimo a pensare, i Balcani sono allo stesso tempo così vicini eppure così lontani: ero solo una bambina delle elementari quando infuriava l’ultima guerra, una ragazza fresca di maturità quando ho visto con i miei occhi le ferite che questa lotta fratricida aveva procurato a Sarajevo e a Mostar. Sono esperienze che forgiano il carattere, che lasciano il segno. Anch’io, come Tito, sono tornata a casa con un traghetto.

“Ho scelto di tornarmene così, per mare. Lo stesso mare anni fa solcato dai disperati di Albania: i profughi del socialismo. E non mi dispiace che sia io ora ad attraversare queste acque, dopo tutto quello che ho fatto e visto in questi mesi: profugo del socialismo lo sono anch’io.”

Leggi i post dedicati:

Mostar

Ho amato questo libro perché è un doppio viaggio: uno reale, attraverso i posti uniti da una forte ideologia politica, molti dei quali ho avuto la fortuna di vedere con i miei occhi, e un viaggio nella memoria e nella storia, nel disincanto e nella caduta delle illusioni utopistiche. Da donna di sinistra e da viaggiatrice, ho sentito questo libro come un regalo del cosmo per sentirmi meno persa, l’ho interpretato come bussola che indica sempre una nuova speranza perché niente è realmente perduto.

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